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28 Marzo 1939:
cade Madrid la «rossa»

di Marco Innocenti

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27 marzo 2009
Scorcio della Città  Universitaria di Madrid, dopo i bombardamenti effettuati durante la guerra civile spagnola   Autore non identificato 1939 Museo di Storia della Fotografia Fratelli Alinari, Firenze

Inviato del «Sole 24 Ore» e autore
di numerosi libri sugli eventi mondiali
e sul costume del nostro Paese,
Marco Innocenti racconta i grandi fatti
del passato e come l'Italia li visse


Il 28 marzo 1939 capitola Madrid. Si chiude dopo tre anni la "corrida spagnola", la guerra civile esplosa in un'estate torrida e polverosa. Muore la "virgin Spain", la fidanzata dell'Europa antifascista, dove la fantasia latina ha combattuto l'ultima sporca guerra romantica. Va in archivio una delle più sinistre collezioni di crimini del Novecento. Scriverà Pablo Neruda: «Nelle strade il sangue dei bambini scorreva semplicemente come il sangue dei bambini». La Spagna è devastata. Rinascerà insieme con Garcìa Lorca, vittima innocente di una crudeltà cieca, quando i giovani reciteranno i versi del "Lamento".

Regna l'ordine di Franco
Sventolano le prime bandiere bianche, i miliziani gettano le armi, i legionari entrano nella capitale. «La guerra è finita», dice l'ultimo, tacitiano bollettino di Franco. La stampa italiana esulta: «L'ordine regna a Madrid». Mussolini parla scandendo le parole: «È questo il destino dei nemici del fascismo». Scrive Bernanos: «La Spagna è un cimitero: il cimitero dei princìpi veri e di quelli falsi, delle buone intenzioni e delle malvagie. Repubblicani, democratici, fascisti e antifascisti, clericali e anticlericali, povera gente, poveri diavoli». Tacciono i cannoni. Ora è il tempo delle vendette: fuochi che si alimentano da soli, difficili da spegnere.

Tre anni prima
Il 18 luglio 1936 scatta la rivolta dei generali e il Paese esplode nei suoi antichi frammenti. Rossi contro bianchi, la speranza contro la fede, la Spagna dei braccianti e dei minatori contro quella della croce e della spada. La guerra civile si espande come un'epidemia, un'alluvione: da una parte e dall'altra si uccide per ripulire il Paese, purificare la società, e ogni mezzo giustifica la sacralità del fine. Si consuma un terribile dramma umano, un'ossessione, una surreale esaltazione della morte, dove le armi sparano da sole, uno scontro fratricida fatto di odio, massacri, torture, stupri, terrore programmato e improvvisato. Il tutto impregnato dell'odore dolce del sangue e di quello di olio crudo della Spagna profonda, la «terra che innamora e incanta».

Terrore bianco, terrore rosso
Il rispetto per la vita umana perde ogni valore e la guerra civile, cruento gioco al massacro, getta ai lupi una generazione. Gli esseri umani danno il peggio di sé, cacciando la ragione in un buco nero senza fondo. Sono tre anni di incubo e di dolore. Terrore bianco contro terrore rosso, e terrore comunista contro i "compagni che sbagliano". I plotoni di esecuzione lavorano con zelo, i colpi alla nuca si sprecano e il numero degli assassinati supera quello dei caduti sul campo. Gli spagnoli imparano ad accettare la compagnia della morte e una macabra contabilità, alla fine, parlerà di un milione di cadaveri.

Ora tocca a Hitler
Tre anni di sangue e la Spagna è annientata, la prova generale della guerra europea è finita e le foto di Robert Capa, con il loro dolore plastico, fanno già parte del passato. Il dito dei tedeschi, nella primavera del '39, è già sul grilletto e Hitler, con il suo linguaggio aspro, pronuncia la parola Danzica. Non ci vuole Dio per capire che è solo questione di tempo. Pochi mesi e, come dirà Camus, «arriverà il tempo delle bestie».

27 marzo 2009
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